Racconto
di
Elisabetta Sciò
Ci
sono storie che si dedicano ad altri e che parlano di altri e non di
noi stessi, ci sono storie che tutti almeno una volta nella vita
piace raccontare a noi stessi.
Dedicata a tutti quelli che hanno in simpatia gli zainetti, la
botanica e la vita in fiore.
La
storia dello zaino firmato
Ci sono
storie che iniziano senza che molti siano avvertiti, nasce un
bambino, e qualcuno mette un fiocco al portone di casa. Arrivano i
nonni, qualche zio, o un fratellino più piccolo che non capisce
ancora bene di che si tratta, arriva un’infermiera premurosa che
spiega qualcosa ai genitori od un dottore con faccia bonaria che ha
appena salvato la vita alla partoriente, di poche parole, ma
rassicurante, quasi un santo, Ne esistono ancora di santi. In verità
è accaduto il massimo dell’incredibile ma sono davvero pochi, anche
quando sono in molti, sembrano sempre pochi, quelli che hanno capito
cosa è davvero accaduto.Passano gli anni ed il bambino diventando
grande cerca di rimettere in ordine anche quell’evento ma, caspita,
nessuno mette i dettagli al posto giusto, sì parlano tutti di date,
minuti, regali, compleanni. Ma i dettagli, quei dettagli che
dovrebbero rispondere alla domanda perché? Nessuno li racconta. Del
tipo: perché è nato in Italia e non a Londra o a Bombay, perché in
questa famiglia dai sani principi dove si dichiara che il lavoro
nobilita piuttosto che in quella del vicino, con una dinastia di
disgrazie e problemi di separazioni e fallimenti economici, perché è
nato e cresciuto bello come un raggio di sole, perché era uno
scavezzacollo sempre troppo magro e troppo sveglio, perché invece
era paffutello e pigro o perché parla solo allo specchio e non in
pubblico e soprattutto nessuno gli spiega perché è così innamorato
della vita, così follemente in cerca di emozioni, perché curioso,
perché calmo, perché…
Ecco devo dire, come voce fuori campo, che il pargolo della storia,
come moltissimi altri fortunati neonati, mostra una qualità
fondamentale: ha pazienza con se stesso, eh già questo è un dono di
natura dei neonati. Si piacciono per cui hanno pazienza, non si
piacciono ed allora hanno pazienza lo stesso. Sanno che hanno molto
tempo davanti per migliorarsi, buffa cosa, il mondo poi fa di tutto
per farti dimenticare chi sei, e farti perdere la pazienza, ma
torniamo a noi. Dal primo istante chi nasce in quella ridotta parte
del globo “ benestante “ si ritrova accanto uno zainetto, piccolo,
solo poche cose ma quanto basta per ricordarselo tutta la vita; le
mamme addirittura e giustamente lo conservano: prima camiciola,
prime scarpette, primo grembiulino, primo dentino, primo quaderno,
prima bicicletta, prima sigaretta, prima cravatta, prima macchina,
primo amore, primo dolore, primo viaggio, primo ritorno, primo
lavoro, prima notte in bianco, primo silenzio di tomba, primo addio,
primo strappo, prima pace. E’ sempre lo stesso zaino, quello di
quando è nato e dentro ci trovate di tutto. Riconoscete in un
attimo quel ragazzino nato felicemente, superficialmente attratto
dalla vita, calmo e sveglio allo stesso tempo, come altri ragazzini,
ha un passo atletico né lento, né veloce, sembra che la terra la
sfiori appena quando cammina, in lui non c’è nulla di imponente
malgrado l’altezza, malgrado l’aspetto atletico e sportivo, non è
imponente è leggero, se non fosse per quelle spalle leggermente
piegate sarebbe l’immagine della serenità ma quello zaino pesa un
po’.Da ragazzino esce da scuola con due occhi enormi di stupore
perché ha imparato cose nuove e la lista dei suoi perché è più lunga
che mai ma non ha fretta di trovare le risposte e studiare è troppo
faticoso, con calma, lui procede, con calma. Preferisce ascoltare
musica, quella musica che ti fa venire voglia di saltare, di
sorridere di sentirti libero, la musica ti rimette in pace con il
mondo e con tutti quelli appena nati !Chi ama la musica ama sempre i
neonati per via dei loro zainetti vuoti. Lui sa vivere e si guarda
intorno divertito, crescendo non perde quello sguardo curioso ma è
solo un po’ più pacato, una volta adulto si appassiona e senza
parlare troppo, invecchiando sorride volge lo sguardo all’orizzonte
mentre cammina abbracciato dal vento di maestrale. A volte la storia
dello zaino lo sveglia presto al mattino, non sa se deve portalo con
sé nei prossimi viaggi o lasciarlo lì sotto la scrivania, non sa se
metterlo nella valigia insieme ad una buona tavoletta di cioccolato,
anche se lo lascia è certo lo ritroverà al suo ritorno. Ogni tanto
quello zaino rimane altrove separato dal suo padrone finalmente
tornato ragazzino davanti ad una tazza di cioccolato, davanti al
porticciolo invernale, davanti ad una piccola viola di campo,
davanti all’ultimo mattoncino che ripara la nuova finestra. Ogni
tanto accade: nessun pensiero, nessuna emozione, nessun ricordo,
solo del caldo cioccolato, nessuno da ringraziare, nessuno da
ricordare solo il piacevole profumo di un momento libero. Poi
rientra in sé, il ragazzino, ha la faccia seria, esprime dolore
nonostante abbia ancora il ricordo dolce del cioccolato , riprende
il suo zaino….lo riconosce tra tanti altri ,a volte è pesante a
volte leggero, spesso ci va dentro una racchetta da tennis, spesso
una macchina fotografica, talvolta una bottiglietta di ricordi o di
profumo, talvolta regali da portare a casa, dategli tempo ed un
giorno ci metterà dei fiori per donarli a sorpresa, quando decide
di fare una cosa ci riesce.
Voce fuori campo: “ non c’è dubbio il suo zaino è firmato, dategli
solo il tempo di leggere il suo nome sopra”.
2011 Roma
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