Il teatro
di Maria Stella Grillo
“Quel
che noi siamo e quel che pensiamo oggi differisce da quel che
eravamo e pensavamo ieri, e non può lasciar prevedere quel che
saremo e penseremo domani. Se c’è un luogo in cui non ci si ‘bagna
mai nella stessa acqua, come diceva Eraclito, è proprio nel teatro.”
(Jean Louis Barrault)
L’essere umano inconsapevole
Quanti personaggi vivono in noi? Chi può dire di averli conosciuti
tutti, accettati, amati? Ogni essere umano possiede una personalità
variegata con diversi copioni da recitare, maschere da indossare,
come abiti, nelle varie occasioni della vita. Ma in questo dividersi
e mutare dei volti, l’uomo si smarrisce, perdendosi nelle sue
contraddizioni, in balia delle emozioni che lo costringono ad
assumere ogni volta un ruolo diverso. Eppure, uniti insieme, questi
volti formano il grande album della nostra vita. Guardiamolo e
scopriremo: bambini tristi, adolescenti arrabbiati, uomini duri,
intellettuali, poeti. Finché non avremo osservato con distacco
questi personaggi che abbiamo costruito, per fronteggiare le
situazioni della vita e difenderci dal dolore, non possiamo
conoscere il nostro vero sé.
“Considerate, vi prego, il mio teatro lo specchio di voi stessi,
assaggiatelo con fiducia come si assaggia un pezzo di pane caldo,
allora uscito dal forno, respiratelo profondamente come si respira
una boccata d’aria pura.” (Peppino De Filippo)
Uso
consapevole delle maschere
L’attore che recita nei panni di personaggi diversi dal proprio,
scopre parti inesplorate di se stesso. Freud sosteneva che
l’identità dell’Io si forma attraverso i processi di identificazione
con gli altri. Pirandello in “Ciascuno a modo suo” fa dire ad un
personaggio: “E non vuoi capire che la tua coscienza significa
appunto gli altri dentro di te? Attraverso il teatro abbiamo la
possibilità di ampliare le nostre esperienze oltre i confini dell’Io
limitato. Le maschere che siamo costretti a indossare nella vita
quotidiana, spesso in contrasto con le istanze più intime, servono
per vivere in società, a farsi accettare dagli altri. La differenza
tra lo schiavo e l’uomo libero sta nella consapevolezza dell’uso
delle sue maschere, nel teatro come nella vita. “Non ho paura di
diventare un altro personaggio, in quanto so bene che ritornerò me
stesso quando il sipario si chiuderà”.
“Ognuno di noi possiede dentro di sé, tanti piccoli musicisti,
poeti, pittori, clown e fanciulli curiosi che assaporano la vita con
i suoi prodigi. I loro occhi spalancano le porte del cuore. Perché
qualcuno vuole chiudere le porte del nostro cuore… ed imporci una
maschera, una sola maschera ed un solo copione da recitare? Perché
se si prova a strappare quella maschera dal volto, per sostituirla
con un'altra che urge dentro, e poi, ancora un'altra, e un'altra
ancora, allora, quegli si spaventa, il tumulto dei suoi personaggi
nell'anima lo strazia, non vuole farli uscire, assetati di vita come
sono, e li uccide in noi, che della vita coraggiosamente godiamo.”
(Dalla commedia “In punta di Piedi” di Maria Stella Grillo)
IL
TEATRO NELLA STORIA
La nascita del teatro nell’antica Grecia
L’uomo, fin dalla sua comparsa sulla scena del mondo, ha sempre
avvertito il bisogno di riunirsi in gruppi, non solo per motivi di
sopravvivenza, ma anche per celebrare particolari riti come quelli
di propiziazione e di iniziazione. Questi riti hanno generato le
prime rudimentali forme di teatro. La storia del teatro in Europa
comincia ad Atene, ben cinque secoli prima della nascita di Cristo.
Quella particolare forma che noi conosciamo come “tragedia” ebbe
origine dal Ditirambo, un rito molto diffuso che veniva eseguito in
onore del dio Dionisio. L’etimologia della parola tragedia deriva
dal greco “tragos” che significa capra e “ode”. Infatti il rito in
onore di Dionisio comprendeva musica, canto e una specie di danza;
gli attori, nell’eseguirlo, indossavano pelli di capra e ottenevano
in premio, per la migliore interpretazione, un capretto. Anche la
commedia ha avuto origine da un rito per il dio Dionisio, ma in
esso, il canto aveva una caratteristica satirica. Spesso la folla
degli astanti rispondeva al cantico con motteggi. I greci erano un
pubblico molto appassionato; arrivavano in teatro all’alba per
assistere alle rappresentazioni che si svolgevano nell’arco di tutta
la giornata. La tragedia greca raggiunse il suo massimo splendore
con le opere dei tre autori più famosi: Eschilo, Sofocle ed
Euripide. Il più elevato esponente della commedia fu Aristofane; la
sua caratteristica principale era quella di fare delle satire, a
volte molto feroci, su vari governanti ateniesi.
Il
teatro nell’antica Roma
Nell’antica Roma, il teatro non raggiunse mai quei livelli artistici
e quei significati culturali presenti nel teatro greco. Per i romani
il teatro era considerato solo un luogo d’incontro dove divertirsi e
sfoggiare il proprio status sociale. La tragedia e la commedia non
ebbero un grande successo e ben presto questi due spettacoli
classici furono sostituiti da scenette comiche, da mimi, esercizi
acrobatici, azioni buffonesche.
Il
teatro nel Medio Evo
Dopo la caduta dell’impero romano il teatro conobbe un periodo
oscuro; la Chiesa, considerando gli spettacoli dei mimi e degli
acrobati troppo osceni e indecorosi, scomunicò non solo i mimi, i
buffoni, i giocolieri, ma anche gli attori classici, escludendoli
dalla comunità cristiana e privandoli dei sacramenti. Il bisogno di
recitare, così presente nell’uomo, favorì la nascita di una
particolare forma di espressione drammatica all’interno della
Chiesa, durante le funzioni religiose.
Il
teatro nel Rinascimento e la Commedia dell’Arte
Il Rinascimento, che segnò il passaggio dal mondo medievale all’età
moderna, introdusse dei concetti completamente nuovi nel teatro.
Accanto alle commedie erudite, nate dal desiderio di comprendere e
imitare lo stile degli autori classici latini e greci, cominciò a
svilupparsi il teatro di strada, che tanto appassionava e divertiva
il popolo. Come avveniva per i mimi medievali, anche questa forma di
teatro non aveva un copione scritto. L’allestimento degli spettacoli
era molto semplice e poco pretenzioso.
Verso il XVII secolo, la grande epoca della Commedia dell’Arte
scomparve, ma a rivalutare i personaggi più conosciuti, come
Arlecchino, Colombina, Ballandone, ci pensò Carlo Goldoni.
Il
teatro nell’età Barocca
Il teatro barocco ebbe origine dalle ricerche in campo musicale e in
quello della prospettiva. Verso la metà del 1594 a Firenze, gli
amici della Camerata Fiorentina, si proposero, come avevano già
fatto molti in quel periodo, di tornare alla tragedia greca per
ricomporla nei suoi elementi essenziali. Ma la loro ricerca approdò
ad una nuova forma, la più italiana che si fosse mai vista: il
Melodramma. Mentre nella tragedia classica la parola del poeta era
l’elemento fondamentale e la musica con la danza servivano solo
d’accompagnamento, nel melodramma la musica era l’aspetto più
importante e la parola era ridotta ad un semplice canovaccio.
Il
Romanticismo
Il movimento romantico fu il movimento e il fenomeno più
rivoluzionario della storia della cultura europea e trovò la sua più
alta espressione in Germania, sia nel campo letterario che teatrale.
Nella seconda metà del ‘700, sulla spinta di alcuni giovani
rivoluzionari appartenenti ad un movimento chiamato “Sturm und
Drang” (che voleva dire “Tempesta e passione”), si sviluppo
un’abbondante letteratura drammatica. Proprio in quel periodo, il
massimo poeta tedesco, Johann Wolfang Goethe, cominciò ad attuare
una ricerca sistematica sull’arte drammatica, approfondendo i
problemi della recitazione e della produzione.
Il
teatro nel XIX secolo
Il teatro nei primi anni dell’800, influenzato dal gusto romantico
per la ricostruzione storica, era caratterizzato dalla passione per
gli spettacoli grandiosi, con comparse, costumi e scenografie
accuratamente preparate. Soprattutto in Inghilterra, il realismo
storico divenne l’elemento più importante degli spettacoli; nei
drammi shakespeariani, gli interpreti indossavano fedeli e autentici
abiti dell’epoca rappresentata. Verso la metà dell’800 si
affacciarono sulla scena europea tre grandi drammaturghi: Ibsen,
Cechov, Strinberg. Essi aprirono la strada a nuove forme di teatro
che presero il nome di “drammi realistici”. In questi drammi la
realtà veniva analizzata nei suoi multiformi aspetti, anche quelli
più crudi e violenti.
Il
teatro nel XX secolo
La caratteristica principale dei primi decenni del XX sec. è la
comparsa, in campo teatrale, di numerose sperimentazioni, sia a
livello teorico che strutturale. Si ricercavano nuove tematiche che
potessero evidenziare sempre di più il rapporto fra l’individuo e il
condizionamento impostogli dalla società. L’opera di Pirandello, uno
degli autori più importanti del nostro secolo, fu quella che
maggiormente evidenziò questo aspetto della vita, diviso fra realtà
e apparenza. La tecnica recitativa fu notevolmente influenzata da
Kostantin Stanislavskij, regista e teorico, che creò uno dei metodi
più interessanti, utilizzato ancora ai nostri giorni in diverse
scuole di recitazione.
Verso gli anni ’60 nascono nuove forme di teatro. I portavoce di
queste evoluzioni sono stati i gruppi cosiddetti “d’avanguardia”.
Finché
vivrà l’uomo, anche il teatro continuerà ad esistere, assumendo le
forme e il linguaggio più adatti ad esprimere la realtà del momento.
(F. Bergamo)
LA
RECITAZIONE
Lo
studio di una corretta dizione deve essere necessariamente preceduto
dal controllo della propria respirazione. Educare la voce significa
conoscere i mezzi vocali ed imparare a usarli, attraverso lo studio
della corretta pronuncia della lingua, delle sue regole, della
dizione, del ritmo, dell’intensità, del tono, del volume.
“La
legge fondamentale per una buona dizione è: espirare le vocali e
“masticare” le consonanti” (da Per un teatro povero di Jerzy
Grotowski)
L’esercizio che segue serve a sviluppare la forza vocale aumentando
la capacità di respirazione. Inginocchiatevi sul pavimento, con le
mani giunte mollemente dietro la schiena, ed appoggiate la fronte a
terra cercando di sentirvi completamente rilassati. Chiudete gli
occhi ed espirate lentamente, mentre portate il corpo in posizione
verticale, fino a sedervi sui talloni. Partite dal fondo della spina
dorsale in su, in modo che la testa sia l’ultima a sollevarsi.
Mentre sollevate la testa cominciate ad espirare emettendo un
prolungato “oh”. Poi ritornate nella posizione di partenza,
abbassando nuovamente la fronte sul pavimento. Mentre seguite questo
movimento lasciate che il suono “oh” si trasformi, tenendo la bocca
chiusa, in un “mm”. Ripetete l’esercizio dieci volte e non
interrompete il ritmo. Inspirate mentre vi sollevate e lasciate che
la voce, mentre vi abbassate, produca un “ohhmm”. Col tempo questo
esercizio serve a sviluppare la capacità respiratoria e molto
rapidamente noterete un miglioramento, accorgendovi che siete in
grado di emettere il suono sempre più a lungo.
Il linguaggio del corpo
Che
cos’è la comunicazione non verbale? Le scienze sociali hanno usato
questo termine per intendere quell’attività corporea costituita da
un complesso di segnali, gesti, movimenti del capo e del corpo, come
le posture, le espressioni del volto, e direzione dello sguardo, la
vicinanza e la posizione spaziale, il contatto corporeo, i toni
della voce, l’abito e gli ornamenti. Il comportamento non verbale
realizza l'espressione delle emozioni. Quindi l’attore dovrà fare la
massima attenzione alla postura e ai gesti.
“Noi
parliamo con i nostri organi vocali, ma conversiamo con tutto il
corpo” (K. Albercrombie)
L’immaginazione creativa
L’improvvisazione è un’esperienza essenziale per l’allievo-attore
alla scoperta dei propri mezzi espressivi. Per entrare nel
personaggio, egli dovrà usare l’immaginazione, alimentarla e
coltivarla. Imparerà a provare un sentimento prima di cercare di
esprimerlo, a guardare e vedere prima di descrivere ciò che ha
visto, ascoltare e sentire prima di rispondere.
“Sei
tu che puoi fare un’azione qualunque noiosa o interessante, breve o
lunga. La questione sta, non nello scopo esterno, ma negli stimoli
interiori, nelle ragioni, nelle circostanze in funzione delle quali
esegui l’azione…. Una parte, una scena non riesce? Basta dire “se” e
tutto andrà liscio come l’olio.” (da Il lavoro dell’attore di
Kostantin Stanislavskij)
Lo
studio del personaggio
Alla lettura iniziale di un testo, si prendono appunti sulle
impressioni immediate, poi si esaminano tutti i dettagli, senza dare
giudizi morali. Con particolare attenzione va notato ciò che capita
al personaggio durante il lavoro e come si trasforma o si modifica
di conseguenza. Ogni personaggio ha un suo sviluppo e una sua
dinamica nel corso dell’opera, con sue proprie motivazioni e
conclusioni. Bisogna cercare di capire cosa il personaggio pensi di
sé e se ciò influenzi le sue azioni. Spesso quando si studia un
testo, si scopre che una frase particolare serve a chiarire la
personalità e la vita del personaggio. Quando identificarsi in un
personaggio risulta difficile, come per esempio in un assassino,
dobbiamo usare il metodo del “se”, “se io fossi un assassino come mi
comporterei e cosa proverei?”. La questione non sta nello scopo
esterno, ma negli stimoli interiori, nelle ragioni, nelle
circostanze in funzioni dei quali eseguite l’azione.
Costumi di scena
I costumi servono a rivelare al pubblico gli aspetti del
personaggio, metterne in luce la personalità, dare una chiara idea
del tempo, del luogo e dello stile in cui si svolge il dramma. Il
famoso scenografo americano Robert Edmond Jones, sottolinea in
maniera concisa alcuni dei principali fattori nel disegno dei
costumi: “Un costume di scena è una creazione del teatro. La sua
qualità è puramente teatrale e, presa al di fuori del teatro, perde
subito il suo fascino”. Gli storici della moda hanno scoperto tre
ragioni fondamentali per le quali i costumi sono stati indossati
durante i secoli. La prima è l’utilità – vestirsi è una forma di
protezione, - la seconda è la gerarchia – vestirsi serve ad indicare
un rango sociale -, la terza è la seduzione – vestirsi è una maniera
per attirare l’attenzione. Bisogna sempre considerare questi tre
fattori, quando ci si prepara a un nuovo spettacolo. Ci sono due
modi principali di affrontare il problema dei costumi di una
messinscena. Essi possono essere realistici o astratti. I costumi
realistici devono tendere ad una accurata fedeltà al periodo storico
in cui si svolge la rappresentazione e riflettere i vari caratteri
dei personaggi. La scelta, per l’astratto, richiede un’esagerazione
degli elementi del personaggio, stilizzando gli indumenti e la forma
per adattarli all’atmosfera del lavoro.
Trucco di scena
La funzione principale del trucco di palcoscenico è quella di far sì
che il volto degli attori di fronte al pubblico appaia adatto a
quella rappresentazione. Ogni spettacolo richiede un particolare
tipo di trucco. Esistono quattro tipi di trucco di base: lineare,
marcato, stilizzato e fantastico. Una interpretazione naturalistica
de Le tre sorelle di Cechov, ambientata nella Russia del
diciannovesimo secolo, richiede un trucco lineare. Viceversa
un’interpretazione fortemente drammatica del Riccardo III di
Shakespeare ha bisogno di un trucco marcato. Se si mette in scena
l’opera comica Lo stregone Mikado di Gilbert e Sullivan, con il
tradizionale scenario ed i costumi giapponesi, si deve usare un
trucco stilizzato, a imitazione dello stile giapponese. Mentre se
uno spettacolo per bambini richiede attori che interpretino parti di
animali, sarà adatto un trucco fantastico.
“Quando il sipario si apre sul primo atto d’una mia commedia, ogni
spettatore deve potervi trovare una cosa che gli interessa. E alla
fine, mentre li ringrazio degli applausi, la mia gioia è sapere che
uscendo dalla platea ognuno porterà via con sé qualche cosa che gli
sarà utile nella vita di ogni giorno.” (Eduardo De Filippo)
Maria
Stella Grillo,
scrittrice, attrice e
regista, ha iniziato a lavorare in teatro come attrice nella
Compagnia amatoriale "Le farfalle" (1982) nella quale, in seguito,
si è occupata anche di regia. Deve la sua preparazione a: Liliana
Pacinotti, Maria Teresa Argirò, Enzo Reina, Rosario Galli, Antonio
Serrano e Stefano Cuneo. Nel 1994 ha formato e diretto la Compagnia
teatrale "Le Stelle Comete", che ha iniziato l'attività mettendo in
scena il "Diluvio" di Ugo Betti (Teatro Belli). Dall'anno 1995 al
2001 ha organizzato, tutti i mercoledì, spettacoli di teatro,
poesia, musica e danza nella sede Fenacom 50&PIU' di via Fabio
Conforto. Dal 1996 al 2002 ha diretto il Laboratorio teatrale
dell'Università 50&PIU'. Nel 2004 ha diretto il Laboratorio teatrale
dell’UPTER. Ha pubblicato: "Spiragli", poesie e disegni
(Antonio Pellicani Editore 1991); Donne, fortissimamente donne",
brevi testi teatrali e monologhi, (Edizioni 50&PIU’ 1994);
"Sogni d'acqua", testo teatrale (Edizioni 50&PIU’
1994), messo in scena al Teatro Belli di Roma; "Una
panchina al sole" testi teatrali (Nuova Impronta 1996) e “Il
tempio è compiuto e il Regno di Dio è vicino: Entra!” saggio
(Edizioni Kimerik 2013). Successivamente ha scritto e messo in scena
altre commedie: "Sul lettino di Freddy" Teatro della Villa
Lazzaroni (Roma); "In punta di piedi" Teatro della Villa
Lazzaroni (Roma) e Teatro Signorelli (Cortona); "Tre uomini e una
garçonnière" Teatro Tordinona (Roma), "Questo paradiso è un
inferno" Teatro Due (Roma); "Fragole al limone" Teatro
Tordinona (Roma); "Ricordi in soffitta" Teatro Tordinona
(Roma) ecc.
Testi
teatrali
Laboratorio teatrale
Università 50&PIU'
Programma del Corso di Teatro Interiore
Bibliografia
C.
Allasia, Teorie e modi del corpo, NIS
F. Bergamo, Manuale di recitazione, Marcon Editrice
S. D’Amico, Storia del teatro drammatico, Edizioni Garzanti
T. R. Griffiths (traduzione M. Mirabella), Fare teatro,
Gremese Editore
S. Merli, Fare l’attore, Gremese Editore
W. Orioli, Far teatro per capirsi, Macro Edizioni
K. Stanislavskij (traduzione. G. Guerriere), Il lavoro
dell’attore, Edizioni Laterza
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