Racconti
Il pescatore
di stelle
di Soloio, Stella e Zina
Martino era figlio di
pescatori, come suo padre e prima ancora, suo nonno. Amava il mare ma
soffriva nel vedere i pesci dibattersi nelle reti. Suo padre,
nell’intento di insegnargli l’arte della pesca, lo portava con lui in
mare. Tornava a casa turbato e triste e, quando la mamma, per
consolarlo gli diceva: - un giorno diventerai un bravo pescatore -,
lui rispondeva: - sì, ma delle stelle -. Un giorno Martino, sicuro di
aver fatto una splendida conquista, corse a casa ansante e felice: i
riccioli d'oro incorniciavano il suo visetto abbronzato, non vedeva
l'ora di mostrare alla mamma il tesoro che era nel fondo del suo
secchiello: una stella marina. la mamma sorridendo, nell'accarezzargli
il visino gli disse: è bella, ma anche questa è una creatura del mare!
Martino cercò di spiegare alla mamma quello che la stella gli aveva
raccontato: - In un tempo così lontano da non potersi definire,
brillavo nel cielo, felice di esistere. Sapere di essere luce per i
naviganti, insieme alle mie sorelle della costellazione della bussola,
Pyxis: carina, puppis, vela era motivo di grande orgoglio:
appartenevano ad una nobile famiglia, l'aurora boreale; il maschio di
casa, il fratello Centaurus, era un poco arrogante, ma era il
maggiore, e stella e le sorelline giocavano volentieri con lui. Era il
re, loro le damigelle, poi ridevano, si rincorrevano nel cielo,
lasciando scie luminose. Un giorno stella, nel giocare a nascondino,
si rifugiò nel carro dell' orsa maggiore che, senza sapere di aver un
carico così prezioso, si allontanò per la galassia per il solito giro
notturno di controllo, affinché l'universo stellare fosse illuminato a
dovere. Stella, impaurita prima, poi curiosa, si sporse dal carro per
ammirare, affascinata, luoghi a lei sconosciuti; forse si sporse un
po' troppo, e, improvvisamente, precipitò. Disperata cercò di
aggrapparsi alle stelle, che fredde e distanti la respinsero, ad un
satellite vagante, che si allontanò senza degnarla di attenzione, ma
niente riuscì a fermare la sua caduta. Il momento più difficile e
doloroso fu quando, nell'attraversare l’atmosfera, perse gran parte
del suo abito luminoso e improvvisamente si sentì nuda e fragile. Le
nuvole, che avevano compassione di lei, cercarono di avvolgerla e
frenare la sua caduta e le sue lacrime. Stella finì in fondo al mare,
trasformata. Si sentiva piccola e inutile su quel fondo sabbioso, e
lei che aveva accarezzato la coda alle comete si trovò alle prese con
molluschi e alghe. E' veramente duro finire in fondo, quando si è
pensato di poter volare per tutto l'universo. E' difficile spiegare
cosa successe, è un problema un po’ di prospettiva. Avete presente le
ninfee di Monet? Se ti avvicini al quadro vedi solo pennellate
disordinate, se ti allontani vedi uno stagno fatato. Per un attimo
aveva creduto di morire, e invece si sentiva viva, anche se diversa.
Molluschi e alghe la sfioravano e poi si ritraevano diffidenti mentre
i pesci che le passavano accanto curiosi, presto si allontanavano.
Eppure la stella non si sentiva sola. Aveva perso la sua luce ma nel
buio dell'oceano le arrivava, ogni giorno, la luce calda di suo
fratello sole. Più che vederlo, lo percepiva il sole quando il suo
sguardo si alzava e le giungeva la sua luminosità, oltre la superficie
del mare. Poi incominciò a guardarsi intorno: quanti bei vestiti
avevano quelle strane creature che si aggiravano intorno a lei! Erano
tutte indaffarate, ognuno andava come se avesse una meta precisa,
nessuno le sembrava ostile, ma nessuno pareva disposto a notarla.
Provò a muoversi per uscire dal fondo marino dove era rimasta
incastrata dopo la caduta, credeva di non farcela, invece, con dei
movimenti armoniosi, quasi passi di danza, uscì allo scoperto e iniziò
a muoversi lentamente. Iniziò a nutrirsi e scoprì che le stelle marine
praticamente non avevano nemici. Non aveva bisogno di scappare quando
il Dentice affamato pattugliava la scogliera, ed era al sicuro la
notte quando Strega Murena sgusciava fuori dal suo nascondiglio.
Imparò a fare la stella marina, e fu contenta così per un po’, senza
chiedersi perché poteva essere contenta dei raggi del sole che la
scaldavano e dell'abbraccio dell'acqua. Un giorno incontrò Asteroide,
una Stella maschio, e imparò subito quando era bello lasciarsi andare
e che meravigliosi amplessi si possono avere quando ci si abbraccia
con cinque braccia. Man a mano che Martino raccontava la storia della
stella, la preoccupazione della mamma aumentava. Come poteva un
bambino così piccolo inventare una storia tanto ricca di particolari?
Ma il bambino non inventava: ripeteva solo quello che la notte gli
narrava la bimba delle favole; lei si sedeva sulla sediolina, vicino
al lettino di Martino, gli teneva la manina, mentre gli raccontava le
cose più belle e fantastiche che lui potesse immaginare. Finché una
notte particolarmente stellata, la notte di san Lorenzo, marino fu
destato da un dolce carillon, mentre i suoi occhi venivano inondati da
una luce argentata che proveniva dal secchiello che lui teneva sempre
vicino al letto. Il bambino aprì gli occhi e vide la sua stella, che
piangeva. – Perché piangi stellina? – Le chiese preoccupato. – Tutte
le notti mi siedo vicino a te per raccontarti le fiabe e farti
sognare. Sento che tu sei felice e questo colma il mio cuore di gioia
ma non basta – Non basta? – chiese sbalordito il bambino? - . – Non
basta far felici gli altri, per essere felice, se per gli altri hai
dimenticato te stesso - . – Non capisco, stellina, io credevo che tu
fossi felice vicino a me -. – Una stella che ha vissuto nell’immensità
del cielo e nei grandi abissi del mare, non può trascorrere il resto
della sua vita in fondo a un secchiello? - . Il bambino
improvvisamente comprese, e senza pensarci due volte, uscì di casa e
si mise a correre verso la spiaggia. Ma una volta arrivato in riva al
mare si fermò e, pieno di dubbi, chiese alla stella: - Devo affidarti
alle onde? Vuoi tornare nel fondo del mare? - Ma la stella non
rispose. Forse vorresti brillare nel cielo? Ma io non saprei proprio
come portarti fin su.-. - Se tornassi lassù, dove splendono le mie
sorelle, non potrei più giocare con te, Martino, e sarei la più
infelice delle stelle. Ora che ti conosco, e ti voglio bene, non
desidero più tornare a brillare nel cielo. -. Martino rimase pensoso e
perplesso, grattandosi la testina bionda con la paffuta manina
abbronzata, poi adagiò dolcemente la stella sulla riva del mare. - Non
posso decidere per te stellina, e ti lascio libera, ma se deciderai di
restare nei fondali marini, io mi tufferò ogni giorno per giocare con
te -. E l'affidò alle onde.
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